L’automobile è un’invenzione meravigliosa. Ha dato la possibilità di esplorare il mondo e di muoversi liberi senza vincolo alcuno. Un’innovazione tanto bella da sedurre più di un miliardo di persone al mondo e di divenire l’oggetto del desiderio di almeno altrettante.

Il merito è pure di una pubblicità seduttiva dove il guidare è un vagare solitario nella natura capace di fornire un’identità in un mondo ormai privo di valori. Un giocattolo perfetto divenuto propulsore di un’economia basata sul petrolio e fondata sul PIL, l’imperante prodotto interno lordo addetto a misurare un presunto benessere seppur nel suo computo includa le spese sanitarie dovute all’inquinamento.

Nel tempo il bel balocco è apparso meno scintillante. I viaggi spensierati delle reclame si sono trasformati in nevrosi da traffico, la natura incontaminata in strisce sempre più larghe d’asfalto a invadere suolo incontaminato.

La beatitudine per l’auto fiammante si è tramutata in rabbia per l’ammacco subito e in ansia per le rate e le altre spese da versare. Scoprendo infine che il gioco non è poi così pulito. Dalla filiera del greggio arrivano disastri ambientali e guerre, dallo scarico delle vetture sostanze nocive per la salute e gas serra a mutare il clima del Pianeta. Effetti collaterali benefici per il PIL, meno per la collettività. Soluzioni per un’alternativa efficace che delimiti lo spazio alle auto per concederlo alla condivisione dei mezzi, alle biciclette e al trasporto pubblico esistono già. Come sono già disponibili tecnologie a minore impatto ambientale come quella elettrica.

Sradicare un sistema perfettamente oliato, virtuoso per l’economia è impresa quasi impossibile, eppure doverosa. A chiederlo sono gli scienziati dell’Ipcc, il gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico che nell’ultimo studio pubblicato avverte del pericolo che corre l’umanità se non riduce del 40% le emissioni di CO2 entro il 2030. Un contributo che deve arrivare da tutti i settori, compreso quello dei trasporti responsabile del 15% del rilascio di gas serra globale. A esigerlo è pure il buon senso, perché l’alternativa potrebbe creare un mondo migliore per tutti, mutare le nostre città rendendole più salubri e vivibili. Ora manca soltanto il coraggio di agire.