La salute addosso

Negli abiti si possono nascondere sostanze tossiche causa di dermatiti e, nei casi più gravi, di tumore. Mauro Rossetti di Tessile e Salute spiega come diventare consapevoli

Gli acquisti responsabili non sono solo una pratica da attivare quando si fa la spesa. La cura che dedichiamo nel scegliere una verdura buona e salutare dovremmo metterla anche quando compriamo un vestito.

Come nel settore alimentare, in quello tessile sono usate sostanze tossiche che possono rilevarsi dannose per il corpo. A svelarci i pericoli dell’abbigliamento “sporco” e i rischi che corriamo nell’indossarli è Mauro Rossetti, direttore dell’Associazione Tessile e Salute dal 2001 impegnata a prevenire e combattere la diffusione sul mercato di prodotti nocivi per la salute degli utilizzatori.

D. Quali sono i pericoli e i problemi se compriamo abiti poco sani per il nostro corpo? Effetti a breve e lungo termine?
R. Sono principalmente due i problemi legati alla nostra salute, uno connesso alla cancerogenesi e può avvenire a lungo termine e non tempestivamente; l’altro relativo alle infiammazioni dovute a dermatiti allergiche da contatto che possono presentarsi a breve come a lungo termine. Purtroppo in questi casi le reazioni possono essere immediate o tardive. Rimane, però, il problema che i sintomi possono tornare indossando vestiti o capi contenenti le sostanze chimiche dannose per il nostro corpo, rendendolo meno autoimmune e più fragile.

D. Come prevenire questi problemi? Scegliendo una "seconda" pelle adatta a noi, ma con che criteri?
R. Cambiare il processo d’acquisto: non più partire sempre dall’estetica, ovvero se ci piace il vestito o l’accessorio che si sta per acquistare, e poi guardare la taglia e il prezzo. Ci vuole una rivoluzione culturale. Prima ancora di pensare alla taglia, bisognerebbe chiedersi quale sia la composizione fibrosa di ciò che stiamo per appoggiare al nostro grande tessuto epidermico. Se non ci si pone prima questa domanda e non si ottiene di conseguenza una risposta salutare, non ci dovrebbe essere un acquisto.

D. Come scegliamo gli abiti giusti? Che strumenti ci sono per avere delle indicazioni?
R. La prima cosa è quella di leggere l’etichetta. Benché le etichette presenti sui capi di oggi in Italia non siano del tutto utili (poiché non si traccia tutta la filiera produttiva), il paese di provenienza è comunque indispensabile. L’etichetta di un prodotto d’abbigliamento riporta per legge i riferimenti al produttore (nome o marchio commerciale), ovvero chi ha realizzato il prodotto finito seguendo la normativa dell’Unione Europea. Se il produttore non è localizzato nell’Unione Europea, i riferimenti devono intendersi al primo operatore commerciale localizzato sul territorio comunitario. Inoltre l’etichetta deve riportare la composizione fibrosa del capo (se è in cotone oppure in poliestere ecc.), nel caso in cui questa etichetta non ci sia è buona norma non acquistare il capo. Se lo compriamo, la prima cosa da fare è lavare ciò che ci stiamo per mettere addosso per eliminare alcune della sostanze irritanti che possono essere presenti.

D. Come capire se gli abiti non fanno male a noi e ambiente?
R. Bisognerebbe conoscere tutta la filiera produttiva con trasparenza, non solo chi e dove ha realizzato il capo. Un conto è il tessuto, un conto è la realizzazione di un vestito con quel tessuto. Il prezzo anche è molto indicativo, come il brand: un vestito che costa poco siamo sicuri che potrà durare anni oppure lo butteremo perché la qualità non sarà delle migliori? Di conseguenza anche il marchio è importante: se si conosce la bassa qualità di quest’ultimo, sarebbe meglio investire il denaro in altro. Per agevolare la scelta si può consultare l’elenco delle aziende con processi certificati presente nel nostro sito.

D. L'Italia è sensibile a questa tematica? Che scenari ci sono a livello nazionale?
R. Sono più di 15 anni che proviamo a sensibilizzare istituzioni e opinione pubblica sul tema, ma ora è la frontiera che si è avvicinata a noi. Riteniamo che il tracciamento della filiera produttiva sia un elemento importante e che il percorso debba essere condiviso in modo trasparente perché ne va della salute di ognuno. Il contrasto alla trasparenza è più che altro un problema culturale, non solo in Italia, ma anche all’estero. Quando si cambierà la percezione, allora saremo tutti orientati verso la prevenzione a 360°.

D. Cosa consiglia ai consumatori?
R. L’azione più importante è informarsi. E poi leggere sempre l’etichetta, lavare prima di indossare e preferire il Made in Europe. Inoltre scriveteci, contattateci. Il lavoro da fare è collaborativo: più si è in sinergia, e quindi in relazione, più il risultato è a vantaggio di tutti. Quello che indossiamo è importante quasi quanto quello che mangiamo o beviamo, poiché va sempre a contatto col nostro corpo.